IV Premio Giulia Cavallone – assegnazione premio

La giuria del Quarto Premio Giulia Cavallone, presieduta dal cons. Giovanni Salvi, già PG presso la Corte di Cassazione e composta dalla prof.ssa Cristina Mauro e dal prof. Luca Lupària Donati, dopo aver selezionato una ristretta rosa di candidati ritenuti più meritevoli, ha deliberato, all’unanimità, di assegnare il Premio in oggetto alla dr.ssa Lavinia Parsi, dottoranda presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi su “Forced Displacement in International Criminal Law”.

La giuria ha apprezzato il buon livello, l’originalità di alcune proposte e l’approfondimento scientifico dei lavori.

Motivazione:

“Il profilo della candidata è tale da dare certezza che il progetto sarà realizzato con competenza e passione. Laureatasi con lode nell’Università degli Studi di Milano, e dopo aver seguito un programma Erasmus presso la Université Libre de Bruxelles, è dottoranda di ricerca  in diritto penale, in co-tutela tra il Dipartimento di Scienze Giuridiche “Cesare Beccaria” (Università degli Studi di Milano) e la Cattedra di Diritto penale, procedura penale, diritto penale internazionale e storia legale moderna (Humboldt Universität zu Berlin). Presso quest’ultima Università ha condotto un soggiorno di ricerca ai fini dello sviluppo della tesi di dottorato.

Ha condotto ricerche sul campo, sia in un soggiorno di studio presso l’Orient Institut, Beirut, quale Affiliate Researcher, sia presso l’University of Haifa. Presso la Queen’s University di Belfast

Il focus di queste attività ha riguardato i crimini di guerra relativi al trasferimento forzato delle comunità palestinesi contestualmente allo sviluppo di insediamenti coloniali.

Pur risultando l’interesse originario della candidata concentrato sul conflitto palestinese, esso nel progetto di ricerca si è allargato ad altre manifestazioni contemporanee del forced displacement, a partire dall’invasione russa dell’Ucraina e dal conflitto in Nagorno-Karabak, passando ad esaminare altri contesti, non necessariamente correlati a conflitti interstatali, come nel caso dei Rohingya e del Sudan. L’ampio spettro della ricerca consente di ritenere che l’indagine non sarà limitata al pur attualissimo tema del conflitto Israelo-palestinese.

Il progetto di ricerca mira a definire il quadro normativo degli atti di “forced displacement” ai sensi del diritto penale internazionale ed indagarne i profili critici e l’applicabilità in contesti odierni.

Particolarmente rilevante, nell’impostazione proposta, è l’impiego di combinazioni di politiche diverse, con le quali gli Stati possono violare il diritto internazionale. Considerando i fenomeni di cosiddetta “ingegneria demografica”, osserva la candidata, ossia alle politiche di spostamento di civili dirette dallo Stato, utilizzate per alterare la composizione demografica di un determinato territorio, si osserva che l’obiettivo prefissato può essere perseguito attraverso diversi tipi di movimenti, come l’insediamento di una maggioranza in regioni abitate da minoranze, il trasferimento di gruppi minoritari all’interno di un territorio e l’espulsione di minoranze dallo Stato. Anche le modalità di attuazione possono essere diverse, spaziando da mezzi violenti a misure amministrative e politiche o a una combinazione di entrambi.

L’individuazione di metodi differenti correlati a contesti diversificati porta il oprogetto di ricerca a interrogarsi sull’adeguatezza delle previsioni normative che qualificano le condotte di trasferimento forzato. Dopo un’attenta ricognizione della punibilità di tali

condotte, sin dall’origine stessa del diritto dei conflitti armati e fino allo Statuto di Roma, il progetto indica le principali criticità emerse nella giurisprudenza applicativa di tali previsioni.

Infatti, le politiche innanzi menzionate pongono complesse questioni di individuazione della soglia di rilevanza penale e di definizione degli elementi costitutivi del reato, dettagliatamente individuate dalla candidata, anche con riferimento ad altre ipotesi di delitti contro l’umanità, dal genocidio a crimini di guerra.

La metodologia proposta appare di grande interesse. Alla ricerca delle fonti normative e della giurisprudenza nazionale e internazionale si aggiunge un’indagine empirica, tesa a verificare l’applicabilità delle norme come codificate e la loro compatibilità con l’esperienza e le aspettative di giustizia delle comunità interessate. In particolare, sono stati identificati interlocutori nelle comunità libanese, palestinese e siriana in quanto affette storicamente ed attualmente da trasferimenti forzati di massime proporzioni. A questi, si intende aggiungere rappresentanti delle comunità Rohingya e ucraina, in quanto oggetto delle più recenti indagini della CPI e delle corti penali nazionali.

La candidata sottolinea, quale elemento che attribuisce credibilità alla proposta, per la continuatività dell’impegno, che il contatto con queste comunità sarà reso possibile grazie alle pregresse collaborazioni con avvocati e organizzazioni della società civile impegnati nella difesa dei diritti umani, in particolare con sede in Germania e in Italia.

In questo contesto, la candidata pone particolare attenzione alla terza fase della ricerca intesa a verificare l’applicabilità delle norme discusse a determinate pratiche poste in essere nel cosiddetto “Nord Globale”.

La proposta indica con chiarezza le ragioni del soggiorno presso l’Università di Berlino, in considerazione sia delle attività di studio e di ricerca pregresse e in atto, sia per l’opportunità che essa offre di mettere in pratica l’obiettivo del coinvolgimento delle comunità innanzi ricordate, già in contatto con l’Università.

Parallelo all’attività di ricerca, nella vita della candidata, è l’impegno continuativo per promuovere nei fatti il sostegno alle vittime di gravi crimini.

La candidata partecipa alla Clinica legale in diritto penale internazionale, Università degli Studi di Milano, occupandosi anche a casi concreti di potenziali violazioni.La dr.ssa Parsi ha poi collaborato con diverse istituzioni di ricerca e legali per la tutela dei diritti delle vittime di crimini rilevanti nel diritto internazionale.”